Dai Big data allo smart working: in che modo il cloud può innescare l’innovazione

Categoria: Cloud
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Nel gennaio 2018 RightScale ha intervistato quasi mille organizzazioni in merito all’uso del cloud computing. I risultati sono stati presentati nello studio The 2018 State of the Cloud Survey da cui si ricava che l’81% delle aziende ha una strategia multi-cloud e che l’adozione del cloud pubblico è passato dall’89% del 2017 al 92% nel 2018, mentre il cloud privato è salito al 75% (era al 72% nel 2017). Molte più imprese, comunque, propendono per il cloud pubblico, giudicato nel 38% dei casi una priorità, a fronte del 29% rilevato l’anno precedente.

Sono cifre che danno un’idea dell’orientamento sempre più marcato verso la “nuvola” a distanza di otto anni, da quando Steve Ballmer, l’allora CEO di Microsoft, affermava a Seattle che «sulla trasformazione al cloud Microsoft sta scommettendo i suoi 58 miliardi di dollari, ma sono certo che lo stesso fa, con i suoi 3,3 trilioni di dollari, l’industria IT nel suo insieme». Il tempo gli ha dato ragione, visto che l’ultimo fatturato della corporation di Redmond è stato pari a 90 miliardi di dollari. Sui motivi di tanto successo era stato lo stesso Ballmer a pronunciarsi, sostenendo che l’ambiente cloud fosse all’origine dell’innovazione nel disegno del codice e negli strumenti di sviluppo e di management.

 

Big Data e cloud, un legame naturale

Neanche Ballmer, però, avrebbe potuto prevedere una crescita così impetuosa dei Big Data. Si stima che entro il 2020 per ogni persona saranno creati 1,7 MB di dati al secondo. Il legame tra Big Data e cloud risulta naturale, perché i sistemi on-premise cominciano ad avere difficoltà a gestire questo volume enorme e disomogeneo sia in termini di storage sia dal punto di vista del calcolo computazionale. Una delle principali innovazioni introdotte, perciò, sta interessando i processi di migrazione, sempre più sofisticati e affidabili, dall’on-premise alla nuvola al fine di garantire resilienza, backup, ripristino e scalabilità dei sistemi. A cui se ne aggiunge un’altra inerente l’area di analisi, con l’esplosione dei Big Data Analytics fondati sul cloud a motivo di una maggiore velocità ed economicità del paradigma. Economicità che viene misurata non più con i classici parametri TCO (Total Cost of Ownership), ma con il ROI (Return on Investment). Il risparmio che si ottiene, infatti, non riguarda tanto il costo inferiore sostenuto, quanto la possibilità di avere a disposizione informazioni che consentono decisioni aziendali più approfondite e certe. Basti pensare, ad esempio, al valore che può avere l’abbassamento del time-to-market rispetto ai competitor. Anche questa, in fondo, è un’innovazione innescata dal cloud.

 

IoT, intelligenza artificiale e machine learning

Fra le sorgenti da cui provengono i dati rientrano anche gli oggetti “intelligenti” che, grazie a sensori, inviano segnali che confluiscono nell’oceano dei Big Data. L’Internet of Things (IoT) è un’altra rivoluzione che deve molto al cloud, perché è nella nuvola che i dati raccolti trovano ordine, gerarchia e significato. Così come è sempre nella nuvola che l’intelligenza artificiale (AI) può riuscire a dare vita a modelli predittivi oggi sempre più diffusi nei settori del Manufacturing, dell’Healthcare, dell’Automotive. È grazie, soprattutto, agli algoritmi del machine learning, una delle applicazioni dell’AI, che in questi comparti si stanno sperimentando con eccellenti risultati tecniche di predictive maintenance, che abbattono le spese di manutenzione degli impianti per un supply chain management sempre più efficiente. Il cloud ha offerto le condizioni ottimali affinché queste tecnologie si sviluppassero, condizioni che nessuna server farm in house avrebbe potuto assicurare se non a costi insostenibili. Tant’è vero che, sebbene si parli di intelligenza artificiale sin dagli anni Cinquanta, si è dovuto attendere fino ai giorni nostri per vederne alcune applicazioni compiute in ambito enterprise.

 

La nuvola e l’innovazione dei processi con lo smart working

Il cloud non determina soltanto l’innovazione a livello tecnologico, ma anche nei processi. L’esempio più interessante degli ultimi anni è lo smart working, il lavoro agile che si può svolgere al di fuori delle pareti degli uffici e degli stabilimenti aziendali. A differenza del suo progenitore, il telelavoro, che consentiva solo la distanza tra dipendente e casa madre, la nuvola porta tutte le risorse di cui il lavoratore necessita su qualsiasi device (laptop, smartphone, notebook convertibile) e dovunque egli si trovi. L’attingibilità di documenti e file avviene in sicurezza, visto che le politiche di cyber security dei provider sono un elemento distintivo e concorrenziale e la collaborazione è facilitata dalla sincronizzazione costante dei dati sul cloud. In questo caso, l’innovazione innescata dalla nuvola va a risolvere problemi di improduttività e di indisponibilità.

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